
Si ha spesso l’impressione che, nel contrastare le mafie, lo Stato abbia le mani legate, “imbrigliato”, com’è, dalle regole che esso stesso si è dato. Questo insieme di regole rischia di far apparire inefficiente la lotta alla mafia, tanto da poter indurre qualcuno a chiedere allo Stato di rinunciare a queste regole, per contrastare le mafie con i loro stessi metodi.
Eppure, queste regole sono attuative dell’impianto della nostra Costituzione, tipiche di una Stato di diritto che, nel riaffermare la centralità della persona, riconosce a tutti un serie di diritti di libertà. Un ordinamento liberaldemocratico, come il nostro, non può rinunciare a riconoscere questi diritti. Anche perché, al di là delle apparenze, è anche più “efficiente”.
Fra questi diritti un posto centrale assume il diritto alla difesa: anche al più efferato dei criminali deve essere garantito questo diritto perché soltanto in un processo con un contraddittorio paritario potranno essere accertate le reali responsabilità, che è lo scopo da perseguire.
Daniele Bardelli e Giuseppe M. Cannella, avvocati penalisti del Foro di Milano, illustreranno il ruolo dell’avvocato difensore, che non è connivente della mafia (come qualcuno crede), ma è un attore fondamentale per l'attuazione della legalità costituzionale.
Percorso di formazione finanziato dal Ministero dell’Università e della Ricerca, con la collaborazione di Libera, dell’Università di Torino e di Padova, dell’Istituto Cattaneo, del Liceo scientifico L. Cremona e del Liceo Severi, dei Comuni di Milano e di Tortona, della Conferenza Assemblee Legislative delle Regioni.